Ricchi e poveri

di Ernesto Estévez Rams, Granma
Traduzione a cura del Centro Studi Italia Cuba

Nel sondaggio dell’Università del Michigan sulle tendenze dei consumatori c’è un segnale preoccupante: “Il problema è che i ricchi americani non sono entusiasti, e questo potrebbe significare una ulteriore sofferenza per i mercati e l’economia nel suo insieme”. I ricchi non vogliono spendere e, di conseguenza, tutti soffrono.
La CNN chiarisce che, secondo i dati del Bureau of Labor Statistics, il 20% della popolazione, la fascia di reddito più ricco, è responsabile fino al 40% della spesa dei consumatori statunitensi. Un’economia basata sui consumi, soffre se questi si contraggono.
La CNN è preoccupata per come ciò si rifletterà sul valore delle azioni delle principali società di consumo della nazione: Amazon, Home Depot e altre. La spesa pro-capite con carte di credito è diminuita, un brutto segno per banche e società finanziarie.
La CNN non parla, come possibile soluzione del problema, della maggiore distribuzione dei consumi, in modo che non si concentrino nel segmento più ricco. Cioè, rendere la società più equa. L’idea che i ricchi siano una necessità per il funzionamento dell’economia è uno dei mantra ideologici più difesi del capitalismo: senza i ricchi ci sarà maggiore povertà.
L’idea non è solo difesa negli Stati Uniti, ma è costantemente esportata in tutti gli angoli del pianeta.
Travestita da realtà indiscutibile, l’ideologia del bisogno economico dei ricchi è solo un mito. Un mito accuratamente costruito e curato. La dura realtà mostra invece un’altra verità: i ricchi si arricchiscono a spese della povertà degli altri.
Rimanendo a ciò che dice la CNN, nel 2021 riferì che mentre i milionari nel mondo hanno aumentato le loro fortune di oltre 3,6 trilioni (milioni di milioni) di dollari, cento milioni di persone sono state spinte in condizioni di povertà estrema, portando quel segmento di popolazione a 711 milioni di persone nel mondo. L’impatto è stato maggiore nei paesi poveri poiché, secondo il Global Inequity Laboratory, i paesi ricchi hanno potuto realizzare programmi di assistenza per le loro popolazioni ed evitare così un massiccio aumento della povertà. La realtà è che il 50% più povero della popolazione mondiale possiede solo il 2% della ricchezza globale. Il segmento medio, che comprende il 40% della popolazione, ne possiede il 22%. Infine, il 10% più ricco possiede il 76% del totale.
Contrariamente al mito ideologico che se i ricchi diventano più ricchi tutti gli altri ne beneficiano per effetto del cosiddetto “spillover” economico e tutti sono contenti, i dati mostrano che, tra il 1995 e il 2021, l’1% della popolazione più ricca si è accaparrata il 38% dell’aumento della ricchezza globale, mentre il 50% più povero ha ottenuto solo il 2%. Quando i ricchi diventano più ricchi, i poveri diventano più poveri.
Nei paesi sottosviluppati si aggiunge il fenomeno che i ricchi non lasciano le loro fortune nel loro paese ma le portano nelle vecchie metropoli; allora la loro ricchezza non viene reinvestita nell’economia nazionale, e nemmeno nei consumi nazionali. I ricchi dei paesi sottosviluppati preferiscono andare a New York per acquistare i capi d’abbigliamento dell’ultima moda da Louis Vuitton piuttosto che acquistare tessuti prodotti in loco dagli sfortunati artigiani dei loro paesi.
Quando Mauricio Macri è salito al potere in Argentina con la promessa di far uscire il Paese dai suoi problemi economici, una delle prime misure è stata quella di liberare il mercato dei cambi e cancellare le restrizioni sulla fuoriuscita di denaro dal Paese. Si stima che sotto il suo governo 59 miliardi di dollari siano fuggiti dal Paese verso banche straniere, principalmente statunitensi.
Le operazioni della famiglia Macri si sono rivelate modeste rispetto a quella cifra astronomica: hanno fatto trasferire poco meno di dieci milioni sui loro conti all’estero. Naturalmente, tale cifra non include quelle fughe di denaro realizzate tramite le società in cui avevano interessi di proprietà. Ripetiamolo, il Presidente e la sua famiglia hanno trasferito dal Paese dieci milioni di dollari in bonifici diretti.
Contemporaneamente alle malefatte dei Macri, il suo governo ha chiesto al Fmi un prestito di oltre 57 miliardi di dollari. Capiamo una cosa: il FMI è un’organizzazione che fa prestiti affinché i governi possano pagare i debiti. Non sono soldi per investire nello sviluppo, ma per pagare il debito contratto con le banche internazionali. Ora, quel debito deve essere pagato da tutti gli argentini, come punizione collettiva.
Come risultato della spartizione dei milioni tra il governo e le banche internazionali, la povertà nel paese è aumentata al 32%, includendo 2,6 milioni di persone al di sotto della soglia di povertà.
Secondo le organizzazioni pubbliche, comprese le Nazioni Unite, un bambino su tre in Argentina ha ridotto il consumo quotidiano di cibo e il 13% ha sofferto la fame. Il 14,2% delle famiglie era indigente di cibo. La metà delle famiglie ha avuto un componente che ha perso il lavoro.
Mentre ciò accadeva, il 20% più ricco del paese si impadroniva del 50% della ricchezza della nazione. Il 10% più ricco riceve più di 22 volte quello che riceve il 10% più povero. I dati non provengono da un vecchio marxista, ma dalla Banca Mondiale. Qui stiamo parlando di una delle economie più forti dell’America Latina.
Secondo l’Indec, l’ufficio statistico dell’Argentina, il 37,3% della popolazione vive in povertà. Ciò include la mancanza di un posto dove vivere, l’accesso ai servizi sanitari, l’insicurezza alimentare, eccetera. Tutto questo, mentre l’economia del Paese è cresciuta del 10,3% nel 2021.
Allarmato, l’analista argentino Ezequiel Adamovsky ha affermato che l’Argentina “sta crescendo e lavorando in modo che solo una classe sociale possa ampliare i suoi guadagni”. Aggiungo ciò che non dice: quella classe è la borghesia.
L’idea di democrazia economica, alla base di ogni democrazia, non è nel vocabolario politico del sistema.
Hanno ragione quelli che ci accusano a Cuba di avere paura dei borghesi: non vogliamo nuovi borghesi a Cuba. Il nostro modello non è la ‘prosperità’ europea, e nemmeno la ‘prosperità’ asiatica. Né il nostro riferimento può essere l’Argentina, la terza economia più grande dell’America Latina. Il nostro modello si trova più vicino, nelle altre isole caraibiche e in Centro America.
Smettetela di venderci fumo. Qui dobbiamo uscire dalla crisi economica stando all’interno del socialismo, che significa con tutti e per il bene di tutti.

Articolo originale: Ricos y pobres, Granma, 1° settembre 2022