Mercedes non c’è più, musa e guardiana di Gabriel Garcia Marquez

Di Eric Nepomuceno, 17 agosto 2020

Una delle frasi più accurate di Garcia Marquez non è mai stata scritta, ma mi è toccato sentirla più volte. Diceva, con il suo umorismo caraibico: “Entrambi abbiamo matrimoni parlamentari. Siamo Capi di Stato, ma Mercedes e Martha sono Capi di Governo…”.
Niente di più giusto. Nonostante la sua indiscutibile genialità, non avrebbe fatto neanche la metà di quello che ha fatto senza Mercedes al suo fianco.
Ho incontrato Mercedes all’inizio del 1980, quando era già in Messico da un paio di mesi, venuto da Madrid e ancor prima da Buenos Aires. Avevo incontrato Garcia Marquez un paio di volte, ma è stato nella prima visita alla sua grande casa in quel indirizzo impossibile – l’angolo tra le strade Acqua e Fuoco – che l’ho conosciuta.
Da quel primo incontro varie cose mi hanno colpito: i suoi occhi da sommozzatore, la sua eleganza sovrana, la prudente e delicata distanza che manteneva dai nuovi arrivati. E nei nostri incontri successivi si consolidò nella mia anima l’immagine di una fortezza umana, proprietaria di un umorismo raffinato, di una dignità superiore, di una generosità affettuosa e anche come di un’indifferenza olimpionica verso la fama del suo compagno, Gabriel García Márquez, a meno che qualcuno non volesse sfruttare questa fama a proprio beneficio. Quando si rendeva conto di quel tipo di abbordaggio, diventava una leonessa.
È ben nota la storia di come Mercedes abbia fatto tutto e di più perché Gabriel potesse isolarsi per 18 mesi per scrivere “Cento anni di solitudine”. Toccò a lei amministrare il denaro che avevano e poi, quando gli ultimi pesos finirono, negoziare la dilazione dell’affitto di casa (nove mesi), della macelleria (quattro), oltre a cercare aiuto con gli amici e garantire la fornitura di tutto, sigarette compreso, per Gabriel.
Si dà il caso che nel corso di tutta la vita, anche dopo l’immensa bonaccia scaturita dal grande successo della saga della famiglia Buendía, Mercedes non abbia fatto altro che essere la guardiana protettiva di Garcia Marquez. Si prendeva cura dell’intimità della famiglia, la proteggeva dagli assedi, passava il tempo facendo di tutto perché avesse pace per scrivere.
E lui lo sapeva. Sapeva di avere la vita che aveva solo grazie alla sua guardiana.
Sapevo che dipendeva dal suo affetto e dalla sua protezione.
Ricordo bene che quando Mercedes era in viaggio e lui stava nella casa del Pedregal di San Angel, andava a dormire in un hotel. La spiegazione: “Mercedes mi protegge dai fantasmi di quella casa”. Beh, della casa e della vita. Non lo dicevo, ma non ce n’era bisogno: era evidente.
La storia di voi due sembra un romanzo dolcissimo di qualche scrittrice inglese del genere romantico. Si sono conosciuti quando lui aveva 13 anni e lei 9. Sono tornati a incontrarsi molto tempo dopo, e Garcia Marquez gli ricordò ciò che si erano promessi anni a dietro, quando erano bambini: che si sarebbero sposati.
Gli chiese di essere la sua ragazza, e per quattro volte la risposta fu “no”, fino a quando alla fine Mercedes capitolò. Sono rimasti insieme per sempre.
Appena si fidanzarono, Garcia Marquez andò in Europa, fuggendo dal turbine politico che scuoteva la Colombia. Quando ritornarono, i due si sposarono epartirono per Caracas, dove Gabriel aveva ottenuto un lavoro. In seguito vagarono per l’Avana e New York, prima di arrivare in Messico nel 1961. Furono tempi di vita dura e scarsa, ma molto desiderosi di vivere e scoprire mondi nuovi.
Garcia Marquez diceva sempre che Mercedes era come una regina egiziana (il nonno di lei era nato in Egitto): “serena e severa”.
Ed è stato con severa serenità che lei è stata fondamentale perché lui potesse affrontare e sopportare la solitudine della fama, che Garcia Marquez diceva di essere paragonabile nella sua immensità solo alla solitudine del potere. Aveva fama e potere. Mercedes era la sua copertura contro la peggior solitudine.
Ricordo che il giorno in cui vinse il Nobel per la letteratura nel 1982, sua madre, Luisa Santiaga, gli diede un consiglio importante: avere sempre sulla sua scrivania un bicchiere con una rosa gialla. Lo avrebbe protetto dal male degli invidiosi, disse. Garcia Marquez se n’è andato per sempre nell’aprile 2014. E da allora, ogni mattina di ogni giorno Mercedes faceva depositare una rosa gialla sulla sua scrivania, ora deserta. Si è sempre preso cura di lui.
Per quarant’anni mi ha illuminato la sua amicizia. Forse perché ero il più giovane vicino a quel gruppo che Garcia Marquez trattava come “la mia mafia particolare”, meritai da Mercedes un diverso tipo di affetto e di simpatia. Si preoccupava per Martha, per Felipe, voleva sapere i dettagli della nostra vita quotidiana. A volte mi chiedeva, con sguardo “severo  e sereno ” anche notizie per le spese della nostra casa.
Negli ultimi tempi, quando andavo a trovarla, le portavo dei girasoli. Era semplicemente una figura solare.
Nell’album fotografico della mia memoria, Mercedes, la musa e guardiana di Garcia Marquez, occupa un posto speciale.
E così sarà per sempre. Per sempre.
Mercedes Barcha ci ha lasciati sabato 15 Agosto all’età di 87 anni, a Città del Messico.

Articolo originale: Y se fue Mercedes, musa y guardiana de García Márquez